20 luglio 2006

Tenero è il XX secolo

Ne rimarranno tante di fotografie del Novecento. Tanti momenti, personaggi, suoni, storie, drammi, immagini che – ciascuna a modo proprio – restituiranno una delle mille facce del secolo più veloce della Storia. Una di queste è Tenera è la notte, uno dei due capolavori di Scott Fitzgerald, che ho tardivamente letto nelle scorse settimane. Un libro che si distingue per la perfezione dello stile – ma questo si sapeva – e che mette insieme alcuni topos del secolo scorso con una lucidità che forse è stata finora un poco sottovalutata.

Le prime straordinarie pagine d’ambientazione francese sono il racconto della nascita di un fenomeno novecentesco come il turismo di massa. Certo, nelle acque dorate dove Dick Diver fa bella mostra del proprio stile natatorio, forse sembra non esserci spazio per i forzati della riviera romagnola in ciabatte-occhiali avvolgenti-perizoma-settimana enigmistica-discoteca. Ma la storia, lo sappiamo, va più veloce perfino delle migliori menti, anche se poi ha bisogno di uno scrittore come Fitzgerald per potersi raccontare (e quindi conoscersi veramente).

Poi la fragilità delle relazioni amorose, le debolezze dei forti, il difficile confronto tra le classi sociali, l’assurda aderenza della psicanalisi – un’invenzione estemporanea e fasulla, capace però di dare una spiegazione a molti dei misteriosi comportamenti umani – alla realtà dei rapporti interpersonali. E ancora il progresso tecnologico (rappresentato dalle automobili su cui sfreccia, talvolta un po’ confuso, il complesso e splendido protagonista) e la fondamentale impossibilità di essere felici. Tutte cose, direte voi, che anche la letteratura degli altri secoli aveva cantato. Se in parte ciò è vero – ma in Dante e Balzac non troviamo né Freud né le spider – è anche indubitabile che questi fenomeni hanno assunto rilevanza di massa solo nel XX secolo, diventando vere per la prima volta per miliardi di persone.

Questo forse il nostro Fitzgerald non lo sapeva, ma Tenera è la notte in qualche modo già ce lo racconta. Perché certi grandi romanzi sanno più di ciò che dicono e, non mi stancherò mai di scriverlo, la grande letteratura è più vera della vita stessa.

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