“E' impossibile fare entrare un mondo intero in un libro”. Si presenta così Paul Murray, 35enne scrittore dublinese autore del sorprendente romanzo Skippy muore, che esce in Italia per i tipi di Isbn edizioni nella gustosissima collana Special Books. Però, dopo aver letto il libro, un’opera che parte da una storia di studenti in un elitario college cattolico e poi esplode in mille altre suggestioni, viene il sospetto che Murray in realtà si sia avvicinato a creare qualcosa che assomiglia davvero a un mondo intero. Romanzo monumentale (815 pagine in carattere abbastanza piccolo), Skippy muore è un oggetto difficile da circoscrivere, nuovo tassello di quella storia sempre – sorprendentemente – in evoluzione che è il romanzo totale. Da Moby Dick all’Ulisse, la storia della letteratura è scandita da momenti che portano scompiglio sulla scena e cambiano le carte in tavola. Senza voler paragonare Murray a Melville e Joyce, confronto impossibile quasi per chiunque, resta però il fatto che è in quel solco che il suo romanzo si va a collocare, con il giusto mix di narrazione più o meno classica e vere proprie epifanie letterarie.
“Quando ho cominciato a scrivere il libro – ha spiegato Paul Murray a Kilgore – pensavo a un racconto, ma poi mi sono reso conto che nell’ambientazione della scuola si poteva mettere moltissimo: in fondo è un periodo cruciale della vita nel quale si sviluppano le personalità e si è obbligati a confrontarsi con persone diversissime. E attraverso questo espediente potevo affrontare moltissimi aspetti della vita irlandese”. Le storie di Daniel “Skippy” Juster, il cui destino è manifesto fin dal titolo e si compie addirittura nel prologo, e dei suoi compagni di corso, degli insegnanti, dei genitori e dei religiosi che gestiscono la scuola, sembrano quasi un pretesto per dare vita a un’opera corale e piena di rimandi ad altro, nella quale Murray crea un gran numero di registri linguistici. Per lo scrittore “lo stile è immensamente importante. Io sono irlandese – ci ha spiegato – e la nostra letteratura è ossessionata dal linguaggio, sulla scia di autori come Joyce o Beckett. In questo romanzo la sfida era proprio quella di trovare le voci diverse per così tanti personaggi”.
Oltre alle suggestioni linguistiche, che sono comunque la spina dorsale della letteratura e che potrebbero da sole “fare” il romanzo, Skippy muore è anche un interessante caleidoscopio di spunti: dalle teorie scientifiche più avanzate sull’origine dell’universo a considerazioni sul senso della storia, dalla sintassi degli sms al sempre complesso universo dei sentimenti familiari. Che si connota pure come un’opera fortemente ancorata al presente. “Viviamo un tempo molto interessante – ha spiegato Murray – con i nuovi media e Internet che stanno cambiando la nostra civiltà. Il romanzo deve adeguarsi, deve contenere tutte queste cose”. E quando gli chiediamo come possa funzionare un librone di 800 pagine al tempo della messaggeria istantanea, Murray risponde: “In Internet c’è di certo una fruizione veloce dei contenuti, ma c’è anche un universo di informazioni e rimandi che ti tengono incollato al video per giorni interi. E’ qualcosa che ricorda il tentativo di Joyce di racchiudere tutta una singola giornata in un libro, con un’infinità di connessioni e relazioni”.
Oltre che ai superbi modelli irlandesi, Paul Murray guarda anche a due giganti – a loro modo enigmatici – della letteratura più recente: Roberto Bolaño e Thomas Pynchon, ai quali è accomunato da apparentemente trascurabili coincidenze. “Il cileno – ha spiegato lo scrittore ha un linguaggio incredibilmente potente e Pynchon è un eroe. Entrambi sono scrittori di enorme coraggio”. Chissà che Paul Murray non sia destinato nel prossimo futuro a entrare nel club.