La guerra nucleare è un totem segreto davanti al quale
– rigorosamente in orario d’ufficio,
indossando cravatte e pullover molto simili e utilizzando i social network – i
fan di Douglas Coupland si ritrovano puntualmente a prestare una silenziosa
invocazione, al tempo stesso atterrita e affascinata. Questa volta, però,
nell’ultima edizione dell’Apocalisse secondo il grande scrittore canadese, la
bomba atomica non c’entra (anche se un paio di volte una sorta di fungo
nucleare appare all’orizzonte, ma è solo una deformazione percettiva
dell’autore e della sua generazione che sono cresciuti con una solo immagine di
esplosione, L’Esplosione) e a mandare in frantumi il mondo per come lo
conosciamo è una repentina e spaventosa crisi petrolifera, seguita dall’avvento
di una nube tossica, forse omaggio all’indimenticato Evento tossico aereo di Rumore Bianco di Don DeLillo.
Le ultime 5 ore, pubblicato da Isbn a pochi
mesi di distanza da un altro grande romanzo visionario e couplandiano come Generazione A (e ancora meno dal suo magnifico saggio su Marshall McLuhan), è
la storia di cinque persone in una “squallida” sala da cocktail di un albergo
accanto a un aeroporto che, da quel microcosmo iperrealista, vedono accadere
l’inimmaginabile. Una trama forte, dunque, articolata su una narrazione
policentrica ma potabile, che dietro l’apparenza nasconde però i temi classici
e le riflessioni di Coupland, sul concetto di “tempo lineare” e, in fondo, sul
senso della vita. E solo da uno scrittore come Coupland si può accettare, anzi
farlo con entusiasmo, una frase come questa: “Brindo a chiunque su questa Terra
sia mai stato ansioso, anzi, disperato di scoprire anche il minimo segno
dell’esistenza di qualcosa in noi che sia più bello, grande e miracoloso di
quanto potevamo immaginare”.
A pronunciare questa magnifica frase è probabilmente il
personaggio più importante del romanzo, Rachel, una sorta di top model
autistica, incapace di distinguere i volti degli altri e di comprendere le
metafore. Al di là della finezza di Coupland – che sceglie di mettere tutti
quei problemi nel corpo di una ragazza mozzafiato, ribaltando così in un colpo
solo una buona dozzina di cliché – il personaggio presenta una serie di
complessità che, sommate, ne fanno una sorta di Eva al contrario, qualcosa come
l’Ultima donna, che per una sorta di miracolo metaforico – lei, che le metafore
non le capiva – si trasforma nel primo essere umano della “Nuova Normalità” che
viene dopo la
catastrofe. Perché la vera novità per i lettori di Coupland,
quelli (come Kilgore) che hanno amato libri fuori dal comune come Fidanzata in coma o La
vita dopo Dio, è proprio in questa speranza che Rachel, che è anche il
misterioso deus ex machina della storia – e dello spaziotempo –
significativamente chiamato Giocatore Uno, si fa carico di portare alla fine
del romanzo.
Dunque dopo il disastro, dopo il fallimento spaventoso e violento
della nostra società vorace di petrolio, qualcosa – la vita! – continuerà a
esistere uguale e diversa al tempo stesso rispetto a ciò che abbiamo conosciuto
finora. E’ un apologo? E’ letteratura moralisteggiante? Qualcuno potrebbe
sicuramente dirlo, ma è probabile che non colpirebbe nel segno, perché Coupland
è uno scrittore che, nonostante alcune apparenze, è pressoché impossibile da
rinchiudere in una definizione predigerita. E il nostro destino, così come
l’idea del tempo, sono concetti che la sua penna “post-qualunque cosa” è in
grado di mostrarci in una luce che risulta sempre nuova, capace di lasciarci
abbagliati più di una volta.
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