C'è voluto un po' di tempo, ma alla fine i lettori che hanno amato "Le Correzioni" possono tornare ad assaporare lo stile di Jonathan Franzen in un nuovo libro, "Zona disagio", che Einaudi pubblica ora in Italia. Dopo avere scoperto i primi romanzi dello scrittore, averne apprezzato lo stile di saggista e - questo forse con un briciolo di esasperazione - aver scovato i suoi giudizi lusinghieri sulle copertine di diversi libri di altri autori, ecco che per i molti fan di Franzen si presenta una duplice opportunità: godere di un suo nuovo lavoro e, al tempo stesso, scoprire molto sulla personalità e la storia del romanziere di St. Louis. "Zona disagio" è infatti un libro autobiografico, che in pratica torna sul "luogo del delitto" de "Le correzioni", ossia la famiglia e l'enorme complessità dei rapporti al suo interno, sostituendo ai personaggi di finzione i genitori, i fratelli, gli amici, le fidanzate vere o presunte di Franzen.
Costruito per capitoli che potrebbero anche avere vita propria, e infatti quello intitolato "Il mio problema ornitologico" era già apparso sul New Yorker e in italiano su Internazionale, "Zona disagio" è una sorta di storia dell'educazione sentimentale del giovane Jonathan, che finisce però inevitabilmente, pur con le molte divagazioni evidentemente private, per diventare anche la fotografia di una società e di un periodo storico che l'autore pone come sfondo al proprio racconto.
Il talento di Franzen - che si conferma scrittore di inconsueta solidità - emerge soprattutto nelle pagine dedicate alla sua infanzia di bambino ultrasensibile, solitario e anche un po' disadattato. Con leggerezza ecco che pagina dopo pagina si tratteggia il profilo di un ragazzino che ha vissuto sulla sua pelle quanto sia difficile essere sempre il primo della classe e quanto spesso il mondo fuori di noi rappresenti una delusione. E quindi il ricorso a un mondo alternativo, fatto di tentativi di apparire diverso (a un certo punto racconta dei suoi sforzi per dire frequentemente "merda" con disinvoltura) e di grandi letture fantasy e passione smodata per i fumetti, in particolare i Peanuts di Charles Schulz. "Volevo vivere - scrive Franzen - nel mondo dei Peanuts, dove la rabbia era buffa e l'insicurezza adorabile". Ma poco oltre ecco la nota che contraddistingue la sua impietosa capacità di interpretare le dinamiche familiari: "Volevo che tutti i membri della mia famiglia andassero d'accordo e che nulla cambiasse; ma improvvisamente, dopo che Tom era scappato di casa, era come se tutti e cinque ci fossimo guardati intorno e ci fossimo chiesti perché avremmo dovuto stare insieme, senza trovare molte risposte plausibili".
Dall'ossessione del padre per la regolazione del termostato di casa sulla "Zona benessere" - da cui il titolo del libro - alle mancate avventure sentimentali dello studente di college; dalle bravate del gruppo goliardico chiamato I DIOTI alla nevrotica passione per il bird-watching, il libro di Franzen è un viaggio senza paraocchi nella complessità della vita, oltre che nella complessità delle persone, in primis dello stesso scrittore. Che come un novello Bartleby, fin dall'asilo, risponde agli inviti dei compagni esuberanti con un sorprendente: "Preferirei non giocare". Ma "Zona disagio" parla anche di dove sta andando l'America, con il progetto di Bush di una "società di proprietari" e gli allarmi di Al Gore sull'imminenza di una catastrofe ecologica. E racconta pure di come un rapporto tra madre e figlio, che sarà sempre difficile e frammentario, possa essere improvvisamente illuminato da una frase come questa: "Non mi piace - dice la donna mentre la visita periodica di Jonathan si stava concludendo - quando si passa l'ora legale mentre sei qui, perché vuol dire che ho un'ora di meno da passare con te". Indimenticabile.
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