18 giugno 2010

Addio a José Saramago (1922-2010)

Viveva sull'isola di Lanzarote, nelle Canarie, dove si era esiliato in seguito al clamore e alla rabbia suscitate dal suo romanzo Il Vangelo secondo Gesù Cristo. Ma l'intera carriera di José Saramago, probabilmente il più grande scrittore europeo e uno dei più importanti al mondo, è stata costellata di polemiche per le sue prese di posizione senza compromessi, tanto in tema di politica quanto di religione.

Nato ad Azinhaga, nell'entroterra portoghese, nel 1922, Saramago ha debuttato nel 1947 con un romanzo poi ripudiato dallo stesso scrittore. Il successo è arrivato molto più tardi, nel 1980, con Una terra chiamata Alentejo, ma da quel momento in avanti ogni suo libro ha segnato tappe importanti per la letteratura portoghese ed europea, con capolavori assoluti come L'anno della morte di Ricardo Reis (1984), Il Vangelo secondo Gesù Cristo (1991), Cecità (1995). Fino al suo ultimo romanzo, Caino, pubblicato in Italia solo poche settimane fa, tra l'altro a breve distanza dai Quaderni di Lanzarote, estratto dei suoi diari uscito nel nostro Paese in primavera.

Irriverente verso l'autorità e profondamente intriso di umanesimo, Saramago ha inventato una prosa unica, fatta di una sorta di continuo dialogo interiore nel quale non trovano spazio i vincoli più rigidi della punteggiatura. Il discorso fluisce continuo in una massa armonica di parole che assumono, pagina dopo pagina, la struttura concreta di un edificio superbo e forse difficilmente accessibile. Come se il Castello di Kafka - o la Torre di Babele, per citare esempi biblici cari a Saramago - si fossero fatti scrittura e suono, in un'architettura letteraria che arriva fino ad assumere una corporeità.

Perché la cifra dello scrittore è anche quella di una costante riconduzione all'umano, in una polemica con la religione ufficiale che affonda in radici antiche. Quasi che per premio Nobel del 1998, con la sua pagina così intrisa di grandezza epica, la Bibbia fosse in qualche modo un libro con cui rivaleggiare, letterariamente s'intende. La vocazione umanista della sua lettura della storia religiosa è ben più profonda di quella di un semplice ateo, e si incentra intorno alla figura di Cristo: "Prima di Gesù - scrive nei Quaderni - gli uomini erano già capaci di perdonare, ma gli dèi no". E in Caino la lettura di Saramago del quasi sacrificio di Isacco, raccontato dal punto di vista del bambino, è al tempo stesso grande letteratura e denuncia di una violenza incomprensibile.

Saramago, inscritto al Partito comunista portoghese da fine anni Sessanta, ha anche preso dure posizioni politiche. Nel suo Cecità, sulle orme della Peste di Camus, ha descritto la follia totalitaria sotto forma di malattia della vista. Ma in Italia sono note soprattutto le sue polemiche con Silvio Berlusconi, che tra l'altro lo scrittore ha definito "un delinquente". Per l'accusa di diffamazione nei confronti del Cavaliere una diversa edizione del suo Quaderno è stata rifiutata da Einaudi, parte del gruppo Mondadori, ed è apparso per i tipi di Bollati Boringhieri.

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