“Andai al bar, ordinai una vodka doppia e me la scolai. E in un solo
istante – quello in cui la buttai giù – attraversai, con rapidità telescopica,
le molte gradazioni fra una moderata ebbrezza e un’ubriachezza sbalorditiva”.
Questa, al netto del tasso alcolico, era l’inebriante sensazione che procurava
la lettura di Il tempo è un bastardo, romanzo premio Pulitzer di Jennifer
Egan, di cui ora Minimum Fax ha pubblicato un libro precedente, Guardami,
scritto nel 2001, da cui è tratta la citazione. A parlare è Charlotte Swenson, una
modella che, in seguito a un incidente stradale, si ritrova, dopo svariate
operazioni e una lunga convalescenza, ad avere un volto nuovo, diverso, un
volto che gli amici non riconoscono. E da qui, da questa forma di anonimato
privato – nel senso che è un anonimato anche a se stessa – parte la storia di
Charlotte che Jennifer Egan, già dieci anni fa bravissima nel costruire le
strutture narrative, svela poco a poco, dandoci a volte l’impressione di una
drammatica onniscienza, a volte quella di una cocciuta (e perfino un poco
compiaciuta) reticenza. Intorno alla protagonista di questo romanzo elettivamente
fluviale si muovono molti personaggi, alcuni memorabili altri più scontati, tra
i quali spicca l’altra Charlotte, una ragazzina 17enne di cui nel libro viene
raccontato il classico passaggio della “linea d’ombra” tra l’adolescenza e la,
supposta, maturità.
Intorno alle due figure femminili, che Egan mostra al
lettore in tutte le sfumature possibili, senza alcuna indulgenza (seppur con
innegabile affetto, nel senso di quello che uno scrittore prova verso certi
suoi personaggi), si snoda la storia, che è sempre sorretta da un linguaggio la
cui esuberante ricchezza raramente scivola nell’ammiccamento. Prova che il
talento della scrittrice 50enne di Chicago è puro, anche se in Guardami ancora con qualche piccola imperfezione, rappresentata soprattutto dai due
personaggi maschili Moose e Michael West e, in confronto con Il tempo è un
bastardo, da una minore capacità di piegare all’inverosimile proprio il tempo
della narrazione.
L’esito, comunque, è sempre di primissima grandezza e Guardami brilla, come ha subito notato un lettore acuto come Gianluigi
Ricuperati, per le intuizioni sul futuro dei rapporti umani al tempo della
tecnologia che già vi sono contenute. In qualche modo, partendo dallo
smarrimento identitario di Charlotte modella (per distinguerla dalla Charlotte
ragazza che ne è in un certo senso un doppio), Jennifer Egan immagina il social
network ante litteram Persone Comuni, una sorta di Facebook descritto tre anni
prima che il sito di Zuckerberg andasse effettivamente online, che mostra la
capacità di lettura sociologica dell'autrice, le cui antenne sanno
percepire i movimenti del costume e la cui penna sa tradurre queste intuizioni
in buona letteratura, il che, in sostanza, è la formula segreta del costante
miracolo dei suoi romanzi.
E il tempo, il vero “nemico” della scrittrice di
Chicago contro cui si batte con le proprie pagine (come lei stessa aveva
spiegato a Kilgore in un’appassionante intervista nei mesi scorsi - IL VIDEO), è sempre al
centro dell’attenzione. “Capisci – dice a un certo punto Thomas, curatore del
progetto Persone Comuni – è il futuro. Succederà con o senza di te. Ma se
prendi parte a questa cosa, se ti ci dedichi, quel futuro sarà tuo: ne sarai
proprio al centro. Se opponi resistenza, vedrai che ti passa sopra e ti
schiaccia, e qualunque cosa tu abbia adesso, ti ritroverai ad averne meno”.
Dieci anni dopo, il romanzo da Pulitzer ha dimostrato che Jennifer Egan quel
futuro se lo è preso, e lo probabilmente pure un po’ cambiato con la forza
della propria scrittura.
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