14 giugno 2006

Born in the USA

Dodici voci potenti per raccontare la nuova America, dodici sguardi poetici su un Paese in movimento, attraversato da drammi e tensioni che riguardano sia la sfera pubblica sia quella personale. Con “Nuovi poeti americani”, antologia di autori poco conosciuti dal pubblico italiano, l’editore Einaudi ha mandato in libreria un nuovo tassello per la comprensione della cultura e, per estensione, dell’intera società statunitense. Un libro che, precisa la curatrice Elisa Biagini, “è un tentativo di raccontare la ricca e diversa realtà poetica americana: è una rappresentazione inevitabilmente parziale e partigiana fatta da un poeta che sceglie altri poeti”.

Vero specchio del crogiuolo etnico degli States, l’antologia einaudiana è una finestra aperta su traumi e problematiche, ma anche su aspirazioni e orgogli, che solcano la realtà culturale americana. Quello che emerge è un universo poetico ricco di stimoli, capace di alimentarsi anche di fenomeni “off”, come il rap e i reading di strada, senza per questo rinunciare alla lezione dei grandi maestri della poesia statunitense, come Whitman e Dickinson, oppure, in tempi più recenti, Robert Lowell e Sylvia Plath.

I temi toccati nelle poesie dell’antologia sono vari, ma comunque sempre significativi del clima sociale degli Stati Uniti. Si trovano dunque i bellissimi versi di orgoglio afroamericano di Lucille Clifton, che sogna di trasformarsi in una donna bianca (“i capelli uno svolazzare di / foglie autunnali/ che volteggiano sul perfetto / profilo del mio naso, / niente labbra / niente didietro”), ma poi constata che “non c’è futuro / in quei vestiti” e allora “me li tolgo e / mi sveglio / ballando”). Dalle tematiche razziali al dramma dell’aids. Mark Doty racconta così, con dolcezza e lucidità, la scomparsa del compagno: “Io che sto sostenendo Wally, che se ne sta andando. / Dove non è la domanda, / anche se pensiamo che lo sia, / non sappiamo neanche dove siano i viventi, / in questo confuso ‘qui’ che si dipana”.

L’amore omosessuale è raccontato anche dalla poetessa Olga Broumas, che riscrive con originalità e ironia le fiabe della tradizione classica. Particolarmente efficace il suo racconto del risveglio della bella addormentata: “Centro della città, in mezzo / al traffico: io / mi sveglio al tuo pubblico bacio. Il tuo nome / è Judith, il tuo bacio un segnale / per i pedoni sconvolti, raccolti / sotto la luce che vuol dire / stop / nella nostra cultura”. Direttamente dalla strada, dalle rime e dai calembour dei rapper, arrivano i versi, implacabili e vagamente ispirati alla tradizione simbolista, di Willie Perdomo: “Un giorno / sulla 123esima strada / va un po’ / in questo / modo: / Pallottole di automatica / rimbalzano sui gradini della veranda / E’ tempo di pagare / tutti i miei debiti / Le campane della chiesa rintoccano per / gli accompagnatori ubriachi del funerale”.

Un Paese complesso, dunque, quello che emerge dalle poesie dell’antologia, carico di ansie e paure, ma anche sempre alla ricerca di barlumi di speranza e capace, ancora una volta, di ironia. Che negli Stati Uniti del dopo 11 settembre è già una cosa non da poco. Così come non va trascurata la forza che la poesia continua ad esercitare, anche nel mondo digitalizzato e sempre più banale in cui ci troviamo a vivere ogni giorno.

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