Lontana anni luce dagli schemi dei benpensanti che, forse un po’ troppo spesso, si riempiono la bocca con la parola, la famiglia che i Fratelli Dardenne presentano nel film “L’enfant” è un piccolo esempio di come le cose possono andare sempre nel peggiore dei modi. Eppure il film tiene fede, senza melodrammi all’italiana, al sottotitolo e ci racconta davvero di “una storia d’amore”. Che i Dardenne sono capaci di tradurre sullo schermo con delicatezza estrema, senza disperazione, anzi con la consapevolezza che anche nei contesti più degradati (le periferie urbane, i miseri alloggi popolari, i tristi lungofiume) possano continuare ad albergare dei sentimenti. Quelli che legano Sonia e Bruno, Bruno e il suo giovane complice Steven, Sonia e il piccolo Jimmy.
La macchina da presa, è questo mi pare uno dei pregi del film – palma d’oro a Cannes lo scorso anno, ora in dvd nella splendida collana Le nuvole di Feltrinelli – segue i protagonisti molto da vicino, spesso alle spalle degli attori, e trasmette il senso di uno sguardo del narratore che non vuole e non può andare oltre quello dei suoi personaggi. Che vivono la storia dall’interno, senza ingerenze diegetiche, senza giudizi morali.
Sereno antidoto alle fiction patinate, “L’enfant” è un film che esprime concetti brutali, ai limiti della sostenibilità. Eppure, grazie anche all’understatement dei due protagonisti, riesce a evitare tutte le trappole che l’intreccio puro e semplice potrebbe stendere sulla strada dei registi. Forse solo la scena finale delle lacrime in carcere rischia un po’ di scivolare nel “già visto”, ma tutto ciò che viene prima è un valido antidoto a ogni possibile piagnisteo o morboso compiacimento.
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